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Richiamato quasi subito dai Superiori a insegnare teologia morale e diritto canonico nella Facoltà teologica di Lovanio, solo dopo più di 10 anni ha potuto riprendere il lavoro che aveva interrotto e nel 1964 ha ottenuto il dottorato in diritto canonico, con un’opera dal titolo “La consacrazione a Dio negli Istituti Secolari”.

Da quel momento ha cominciato a insegnare diritto canonico presso la facoltà di diritto canonico della Pontificia Università Gregoriana, facoltà della quale è stato per parecchi anni decano.

Dotato di grande ingegno e di profonda umanità, ha insegnato con passione e impegno.

Sin dagli anni ’60 si è prodigato a trasmettere le sue ricchezze spirituali anche in sessioni di lectio divina prima a Sion (Svizzera) e poi a Merville (Francia), in una sintesi personale tra il metodo ignaziano e il metodo certosino.

Ha scritto numerosi libri e articoli sulle più svariate riviste di teologia e diritto canonico ed è stato collaboratore di varie Congregazioni vaticane; in particolare ha collaborato per l’elaborazione del Codice di diritto canonico del 1983.

«Uno di quei personaggi che non amano far parlare di sé, ma che nella discrezione hanno contribuito in modo significativo all’evoluzione della dottrina cristiana e alla crescita della vita della Chiesa. In particolare, egli ha saputo presentare la «legge ecclesiale» all’interno di un ampio respiro ecclesiologico, unendo una precisa competenza teologico-canonica a una grande umanità: non un approccio arido e distaccato, ma un coinvolgimento appassionato per una legge a servizio della vita dei fedeli.

Fu un uomo che seppe coniugare in modo mirabile la rigorosità accademica e la profondità spirituale; quante persone si sono rivolte a lui, non solo come esperto di diritto, ma ancor più come maestro dello spirito. In particolare egli dedicò la sua attenzione alla mondo della vita consacrata: prestò la sua collaborazione per la revisione e l’aggiornamento di tanti Istituti religiosi, e insieme favori lo sviluppo di nuove forme di consacrazione, come gli Istituti secolari. Egli stesso nel 1992 fondò una nuova comunità denominata «Dio Amore».

Così lo ricorda don Eugenio Zanetti, suo ex alunno e attualmente professore di diritto canonico, in un articolo scritto sull’Eco di Bergamo in occasione della sua morte.

Nel 1992, dopo un periodo di riflessione scaturito dal confronto con due ex alunne e figlie spirituali, Heidi Böhler e Barbara Zadra, che da tempo lo frequentavano più assiduamente e avevano riconosciuto in lui la forza, lo spirito, i doni e le doti per dar vita a una nuova realtà ecclesiale, in qualche modo espressa nel testo “Dio è Amore”, poi pubblicato con l’editrice Ancora, Padre Beyer ha fondato la Comunità Dio Amore. Insieme a Heidi e Barbara si lanciano in questa nuova avventura divina anche Marise e Anna Maria, quest’ultima orientata a formare una famiglia impregnata della medesima spiritualità.

Padre Beyer ha trascorso gli ultimi anni della sua vita presso una casa di riposo dei Gesuiti in Belgio, a Gand, sua città natale.

Negli ultimi giorni della sua vita, ormai malato, sembrava aver perso conoscenza, ma quando sono arrivate dall’Italia le consacrate della Comunità, ha ripreso a parlare e comunicare ancora per un giorno, per poi abbandonarsi, dopo una lenta agonia, tra le braccia del Padre, il 22 gennaio 2002.

Padre Ghirlanda s.j. - attuale rettore della Pontificia Università Gregoriana, suo confratello, ex alunno e poi collega di Facoltà per svariati anni – lo ricorda così durante l’omelia della Messa celebrata in suo suffragio, per la quale aveva scelto il brano evangelico di Marta e Maria (Lc 10,38-42):

«Nel P. Beyer si scorgeva la sintesi tra le due dimensioni della vita cristiana, sacerdotale e religiosa, che possono entrare in conflitto, quella dell’attività di servizio e quella della contemplazione dei misteri di Dio nella preghiera.

Molte volte abbiamo sentito pronunciare da P. Beyer il motto del P. Nadal  “Domus mea in itinere est”. Era la dimensione del servizio di P. Beyer, sempre pronto a preparare una piccola valigia per andare dove fosse chiamato per istruire, consigliare, formare. Quante congregazioni religiose, maschili e femminili, quanti vescovi e rettori di seminari!, quanti nuovi movimenti ecclesiali, fondatori e fondatrici, hanno usufruito del suo servizio! Qui era la dimensione di Marta, ma penso che il P. Beyer non abbia mai sentito il piccolo rimprovero che Gesù ha rivolto a Marta. Infatti, il P. Beyer, pur preso da tanta attività, non lo si vedeva mai preoccupato e agitato per le molte cose, ma quando le molte cose si accumulavano, lo si sentiva dire con animo e volto sereno: “Tutto sarà fatto!”.

Nella sua stanza c’era un bella riproduzione del volto della statua di S. Bruno che si trova a S. Maria degli Angeli a Roma. È un volto assorto nella contemplazione. È un volto da cui traspare serenità e gaudio. È  il volto di colui che contempla il mistero dell’amore di Dio. È il volto di colui che ha scelto l’unica cosa di cui c’è bisogno e che non gli sarà mai tolta. Dopo aver visto quel volto nella stanza del P. Beyer, cercai una riproduzione di esso e lo misi vicino al mio tavolo di lavoro e quando sono gravato dal lavoro la guardo e mi vengono in mente le parole del P. Beyer: “Tutto sarà fatto”.

Cosa rendeva possibile questa sintesi tra contemplazione e azione, nel più genuino spirito ignaziano in P. Beyer? La consapevolezza profonda che Dio è amore, è amore provvidente, amore di sostegno, amore di misericordia, amore sempre vicino, amore sempre là per essere contemplato e riamato, un amore a cui affidarsi totalmente, un amore che sostiene. “Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui”, dice S. Giovanni. Penso che fosse questa presenza all’amore di Dio che facesse sì che il P. Beyer riuscisse a relativizzare e a non perdere la serenità, anche nelle situazioni negative, quando avesse subito un qualche torto, e alla fine quando costatava la mortificazione della perdita della vivacità della mente e del corpo. Chi gli è stato vicino gli ultimi tempi, qui alla Gregoriana, ha potuto vedere il progressivo distacco da tutto, fino alla sua partenza serena per il Belgio con solo due piccole borse. Era il poco che si era lasciato, in quanto portava con sé ciò che non gli sarebbe stato mai tolto.

La sua ricchezza interiore  la comunicava nei colloqui personali di docente, nei colloqui della direzione spirituale e soprattutto nei corsi della lectio divina, a cui partecipai una volta, che per tanti anni ha dato a Sion in Svizzera e a Merville in Francia, in una sintesi tra il metodo degli Esercizi di S. Ignazio e il metodo di lectio certosina, e infine nell’associazione da luì fondata nel 1992 dalla denominazione “Comunità Dio Amore”».

 

Padre Jean-Baptiste Beyer è nato a Gand (Belgio), il 26 aprile 1914.

Primogenito di altri due fratelli, ha frequentato il ginnasio presso il Collegio Santa Barbara, dei Padri Gesuiti, a Gand. Il 23 settembre 1932 è entrato nella Compagnia di Gesù.

Ha conseguito la licenza in filosofia e poi in teologia, e il 27 luglio 1944 è stato ordinato sacerdote a Lovanio (Belgio). Il 2 febbraio del 1950 ha pronunciato la sua professione perpetua.

Trasferitosi a Roma per continuare gli studi presso la Pontificia Università Gregoriana, ha ottenuto la licenza in diritto canonico e poi ha iniziato a lavorare per il dottorato.